le fiabe di Nanni
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I capricci dell'aurora
Allora la dea dell'Amore, che di capricci se ne intendeva, consigliò
un'astuzia sopraffina: mettere un grande specchio dinanzi alla pietrache
chiudeva la grotta. Poi disse al dio della Guerra: |
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Le frecce magiche
(origine Indiani d'America)
In un angolo c'era una povera tenda dove viveva un'anziana coppia. Il
giovane lasciò i suoi vestiti vicino ad un albero, si toccò
la testa e si trasformò in un bambino e poi andò a bussare
alla tenda. La donna disse: Marito mio, lascia che teniamo con noi questo
bambino! Il capo del villaggio promise che avrebbe dato sua figlia in sposa a
chi avrebbe ucciso l'Aquila. |
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IL LUPO E L'AGNELLO
Avendo sete, un lupo e un agnellino andarono allo stesso ruscello; il lupo più a monte e l'agnellino a valle. Il lupo aveva fame, e voleva mangiarsi l'agnellino. Così gli disse: "Perché hai sporcato l'acqua che sto bevendo ? ". E l'agnellino: "Come è possibile se bevo più in basso di dove bevi tu?". Allora il lupo, non potendo rispondere, disse: "Sei mesi fa hai parlato male di me". L'agnello allora si giustificò: "Ma sei mesi fa io non ero ancora nato". Il lupo allora, perdendo la pazienza, disse: "Tuo padre mi ha offeso", e se lo sbranò. La stessa cosa succede con le persone che calpestano i più deboli inventandosi delle giustificazioni. |
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IL PRINCIPE CHE SPOSO' UNA RANA
Appena tirato ognuno correva a portare l'anello alla fidanzata. Tornarono dal Re a dire delle loro fidanzate. E la rana salto fuori dall'acqua su una foglia. 5 Dopo tre giorni i fratelli maggiori corsero tutti ansiosi dalla fornaia
e dalla tessitrice a ritirare la canapa. E il più piccino? Andò al fosso: Il Re che aveva già guardato per dritto e per traverso il lavoro della fornaia e della tessitrice, aperse la noce del più piccino, e intanto i fratelli sghignazzavano. Aperta la noce ne venne fuori una tela così fina che pareva tela
di ragno, e tira tira, spiega spiega, non finiva mai , e tutta la sala
del trono ne era invasa. Dopo un mese si vide che il cane della fornaia era diventato un molosso
grande e grosso, perché il pane non gli era mancato; quella della
tessitrice, tenuto più a stecchetto, era venuto un famelico mastino.
Il più piccino arrivò con una cassettina, il Re aperse la
cassettina e ne uscì un barboncino infiocchettato, pettinato, profumato,
che stava ritto sulle zampe di dietro e sapeva fare gli esercizi militari
e far di conto. Furono stabilite le nozze, tutti e tre i fratelli lo stesso giorno. Il più piccino andò al fosso, e la rana l'aspettava in
una carrozza fatta d'una foglia di fico tirata da quattro lumache. Quando si svegliò, gli s'era fermata davanti una carrozza d'oro,
imbottita di velluto, con due cavalli bianchi e dentro c'era una ragazza
bella come il sole con un abito verde smeraldo. Il Re fu tutto contento e ai figli maggiori che si rodevano
d'invidia disse che chi non era neanche capace di scegliere la moglie
non meritava la Corona. |
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IL RE IN ASCOLTO
Lo scettro va tenuto con la destra, diritto, guai se lo metti giù, e del resto non avresti dove posarlo, accanto al trono non ci sono tavolini o mensole o trespoli dove tenere, che so, un bicchiere, un posacenere un telefono; il trono è isolato, alto su gradini stretti e ripidi, tutto quello che fai cascare rotola e non si trova più. Guai se lo scettro ti sfugge di mano, dovresti alzarti, scendere dal trono per raccoglierlo, nessuno lo può toccare tranne il re ; e non è bello che un re si allunghi al suolo, per raggiungere lo scettro finito sotto un mobile, o la corona, che è facile ti rotoli via dalla testa, se ti chini. Anche il velluto del cuscino, scaldandosi, provoca una sensazione irritante alle natiche, alle cosce. Non farti scrupolo di cacciare le dita dove ti prude, di slacciare il cinturone con la fibbia dorata, di scostare il collare, le medaglie, le spalline con le frange. Sei Re, nessuno può trovarci da ridire, ci mancherebbe anche questa. La testa devi tenerla immobile, non dimenticarti che la corona sta in bilico sul tuo cocuzzolo, non la puoi calzare sugli orecchi come un berretto in un giorno di vento; la corona culmina in una cupola più voluminosa della base che la regge, il che vuol dire che ha un equilibrio instabile: se ti capita d'appisolarti, di adagiare il mento sul petto, finirà per ruzzolare giù e andare in pezzi, perché è fragile, specie nelle parti di filigrana d'oro incastonate di brillanti. Quando senti che sta per scivolare devi avere l'accortezza di correggere la sua posizione con piccole scosse del capo, ma devi stare attento a non tirarti su troppo vivamente per non farla urtare contro il baldacchino, che la sfiora coi suoi drappeggi. Insomma, devi mantenere quella compostezza regale che si suppone connaturata alla tua persona. Del resto, che bisogno avresti di darti tanto da fare? Sei re, tutto quello che desideri è già tuo. Basta che alzi un dito e ti portano da mangiare, da bere, gomma da masticare, stuzzicadenti, sigarette di ogni marca, tutto su un vassoio d'argento; quando ti prende il sonno il trono è comodo, imbottito, ti basta socchiudere gli occhi e abbandonarti contro la spalliera, mantenendo in apparenza la posizione di sempre: che tu sia sveglio o addormentato non cambia nulla, nessuno se ne accorge... Insomma tutto è stato predisposto per evitarti qualsiasi spostamento.
non avresti nulla da guadagnare, a muoverti, e tutto da perdere. Se t'alzi,
se t'allontani anche di pochi passi, se perdi di vista il trono anche
per un attimo, chi ti garantisce che quando torni non ci trovi qualcun
altro seduto sopra? Magari uno che ti somiglia, uguale identico. Va poi
a dimostrare che il re sei tu e non lui! Un re si distingue dal fatto
che siede sul trono, che porta la corona e lo scettro. C'è il problema di sgranchirti le gambe, d'evitare il formicolio, l'irrigidirsi delle giunture: certo è un grave inconveniente. Ma puoi sempre scalciare, sollevare i ginocchi, rannicchiarti sul trono, sederti alla turca, naturalmente per brevi periodi, quando le questioni di Stato lo permettono.
(Italo Calvino) |
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