LA SPIRITUALITA' DEL SACRAMENTO
DEL MATRIMONIO CRISTIANO
(testo trascritto da registrazione e non rivisto dal relatore)
Mons. Carlo Rocchetta
Abbiamo iniziato con una preghiera perchè ogni riflessione della fede
deve nascere dall'ascolto di Dio e dalla preghiera. La Teologia stessa non è
altro che risposta a Dio che parla. Conosco una bella definizione di Teologia:
la Teologia è lo stupore coscientizzato della fede. È il riflesso
dello stupore della fede difronte a ciò che di grande Dio ci ha rivelato.
Questo stupore coscientizzato è preghiera colma di gratitudine, di riconoscenza
per ciò che ci è dato, grazie alla fede. Questa definizione vale
in modo particolare per i sacramenti che sono le meraviglie di Dio nella storia
e in particolare per il sacramento del matrimonio. Un evento mirabile di straordinaria
bellezza che ricolma la vita di due persone ponendole in cammino verso la realizzazione
del progetto di Dio per la loro vita. Che cos'è il sacramento del matrimonio
se non l'incontro di due libertà, un viaggio di due libertà che
si sono incontrate, che hanno incontrato Dio nel mezzo della loro vita e vogliono
percorrere questo viaggio insieme. Sanno che hanno iniziato il viaggio perchè
Dio-amore ha dato inizio al loro percorso e vogliono andare verso Dio-amore.
Ecco perchè non possiamo parlare del sacramento del matrimonio come se
si parlasse di qualcosa: parliamo di un evento di grazia, qualcosa di straordinario
che da inizio ad un nuovo modo di essere in Cristo e della Chiesa.
Giustamente il Vescovo diceva che aver parlato della santità, probabilmente
permette già di introdurre l'argomento di questa sera. In effetti il
sacramento del matrimonio è propriamente una via di realizzazione di
quella vocazione universale alla santità a cui tutti siamo chiamati.
È una via peculiare: i coniugi non si santificano nonostante o malgrado
il sacramento del matrimonio ma in forza del sacramento del matrimonio che hanno
celebrato una volta per sempre. Si tratterà di approfondire questo viaggio
di due libertà, nella grazia del sacramento del matrimonio, come un cammino
di realizzazione della pienezza dell'amore, della vocazione alla santità
del quotidiano, realizzando fino in fondo la pienezza della grazia. Cercheremo
di approfondire questa spiritualità del sacramento del matrimonio superando
due concezioni riduttive che ci portiamo dietro da anni: quella minimalista
e quella dualista.
La concezione minimalista si limita al minimo, al dovere; ha dietro di se una
lunga storia basata sulla concezione giuridica e contrattualistica del sacramento
del matrimonio. Se foste andati a vedere un libro di teologia dei sacramenti
degli anni 30-40, avreste avuto questa sorpresa: avreste visto che prima l'autore
tratta i sei sacramenti fondamentali e quando arriva al sacramento del matrimonio
si ferma e dice che tutto quello che si poteva dire è già stato
detto nel diritto canonico. Fino a quegli anni la teologia del matrimonio si
identificava con il diritto canonico. Il diritto canonico dice cose importanti
ma dice l'essenziale: le condizioni di liceità, validità, premesse
di validità, dice le condizioni minimali. Ecco perchè a tuttoggi
si fa ancora fatica a superare la concezione minimalista. Ci portiamo dietro
una eredità fortemente segnata dalla predominanza del diritto canonico
sulla Teologia Dogmatica. Dal punto di vista metodologico, non è il diritto
che deve dire alla teologia il contenuto, tutta la ricchezza di un determinato
argomento, ma il contrario. Accanto a questo problema del giuridismo - la predominanza
del diritto canonico - c'è un secondo limite, ad esso legato: una concezione
moralistica, centrata sulla morale. Ma una cosa è la morale e altro il
moralismo. Ciò ha portato a sottolineare alcuni aspetti particolari e
non tutta la ricchezza del sacramento. Questa concezione, poi, parla al negativo,
del remedium concupiscientie . Al matrimonio si è chiamati, Dio chiama
lui e lei a realizzare la santità nel sacramento del matrimonio e mediante
il sacramento del matrimonio. Il limite di questa dizione non era tanto in se
ma nel fatto che è diventata un assoluto. Da questa duplice limitazione
non poteva maturare una spiritualità del matrimonio particolarmente ricca:
infatti, fino a pochi anni fa non si è registrato un grande sviluppo.
Siamo ora ai primi passi. È stato il Concilio Vaticano II a dare una
svolta; da allora ad oggi c'è stato un grande recupero della teologia
del Matrimonio e della conseguente spiritualità. Nella mentalità
comune, purtroppo, prevalgono queste concezioni limitanti: il minimo e il dovere.
Qui si ha una concezione povera del matrimonio, che non rende ragione della
ricchezza inscritta nella celebrazione stessa con tutto ciò che porta
con se.
L'altra concezione che va superata è la concezione dualista che sovrappone
la realtà del sacramento alla realtà della coppia, per cui avremmo
la realtà del sacramento che sta a metà tra il cielo e la terra
e quella terrena della coppia. C'è il sacramento ma non si sa bene cosa
significhi, nel vissuto concreto della coppia, averlo celebrato. Al massimo
ne rimane un bel ricordo ma non si coglie come il sacramento, dal di dentro,
dia un contenuto nuovo alla realtà stessa della coppia. La concezione
dualista separa l'amore di Dio e l'amore dei coniugi; si pensa che una cosa
è l'amore dei coniugi, un'altra cosa è amare Dio, due binari paralleli
che non si incontrano mai. Voglio dimostrare che nel sacramento del matrimonio
più i coniugi si amano più amano Dio e più amano Dio e
più si amano l'un l'altro. Non si tratta di due realtà parallele,
ma l'una nell'altra: il matrimonio porta con se l'amore di Dio che assume l'amore
dei coniugi e configura l'amore dei coniugi all'amore di Cristo per la Chiesa.
È un realtà ontologica che trasfigura dal di dentro lo stesso
vissuto di coppia conferendole un nuovo contenuto. Bisogna cogliere questa profonda
unità altrimenti i coniugi basano tutta la loro spiritualità solo
sullo sforzo personale o su una introspezione psicologica e non colgono il fatto
che tutto il loro cammino è segnato da una presenza Altra, del Dio di
Gesù Cristo, dello Spirito che il Signore Gesù dona ai coniugi:
il loro cammino non è da vivere da soli ma nell'incontro con il Signore
Gesù. Per spiegare questo concetto possiamo dire che come un tempo Dio
venne incontro al suo popolo con un patto di amore e di fedeltà così
ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi
cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Egli rimane con loro perchè
come egli stesso ha amato la Chiesa così anche i coniugi possono amarsi
l'un l'altro fedelmente, per sempre e con mutua dedizione. Notate: il Signore
viene incontro agli sposi nel momento in cui celebrano il sacramento del matrimonio
e rimane con loro perchè il loro amore non sia vissuto soltanto come
un amore naturale ma come un amore naturale elevato sopranaturalmente alla pienezza
del suo amore per la Chiesa. Significa che c'è qualcosa di assolutamente
nuovo.
Due concezioni dunque che vanno superate perchè riduttive. Come si possono
superare se non recuperando la ricchezza del sacramento del matrimonio? Come
sacramento che è celebrato una volta per sempre e come sacramento che
dal di dentro orienta il viaggio delle due libertà in una pienezza nuova.
Il problema è scoprire questo contenuto altrimenti è come avere
un grande tesoro e non sapere di averlo. Per entrare nell'argomento della realtà
del sacramento del matrimonio e quindi la spiritualità della coppia alla
luce del sacramento è utile leggere il racconto di Anthony De Mello .
Si può essere aquila, si può avere in se la potenzialità
di volare alto - il sacramento del matrimonio da a tutti questa possibilità
- ma bisogna saperlo altrimenti ci si limita ad invidiare l'altro e ad alzarsi
appena un poco da terra. Questa è la situazione del matrimonio: quanti
nostri sposi hanno veramente riscoperto l'aquila che è in loro, la possibilità
di volare alto ?. Questo è il problema: sapere di volare alto e impegnarsi
a cercare queste altezze. Il sacramento del matrimonio porta in se questa capacità
ma come far riscoprire ai fidanzati e ai giovani che ciò che stanno celebrando
non è una cosa qualsiasi, ma è un evento straordinario.
Dobbiamo cercare di approfondire bene cosa significhi il matrimonio come sacramento
perchè da questo deriva la spiritualità alta del sacramento del
matrimonio come vocazione. Credo che possiamo prendere come punto di partenza
l'affermazione, che io stesso ho citato nel mio testo , del teologo olandese
Schillebeeckx, il quale usa una espressione straordinaria, una svolta nel modo
di guardare al sacramento del matrimonio. Dice: "la grazia del sacramento
del matrimonio si impossessa della persona nella sua relazione difronte all'altra,
agisce quindi in un modo nella donna, in un altro nell'uomo; nella donna nel
suo orientamento femminile verso l'uomo, nell'uomo nel suo orientamento maschile
verso la donna. È la relazione interpersonale, specifica, di questi due
esseri che diventa sacramento nel senso stretto della parola". Cerchiamo
di cogliere quest'impostazione, cercherò di semplificarla. Noi siamo
abitati a pensare al sacramento del matrimonio come ad un concetto che si applica
alla realtà della coppia; usiamo dire "ricevere il sacramento del
matrimonio" come fosse qualcosa che si appoggia sulla realtà della
coppia. Con questa impostazione dobbiamo cambiare ottica: da un'ottica deduttiva
ad un'ottica induttiva. Non è il sacramento che si appoggia sulla realtà
della coppia ma è la realtà della coppia - lui e lei in tutta
la loro realtà corporea, sessuata, maschile e femminile - la relazione
uomo donna che, celebrando l'atto sacramentale della Chiesa, diventa ciò
che celebra. Il sacramento del matrimonio non appartiene semplicemente all'ordine
dell'avere - non è qualcosa che io ricevo - ma all'ordine dell'essere,
qualcosa che io celebro diventando ciò che celebro. Voglio sottolineare
con forza questo aspetto perchè cambia totalmente l'ottica. Se io dico
"ricevere" significa che poi la vita continua a scorrere; se dico
"ho celebrato", "sono diventato ciò che ho celebrato"
significa che tutta la vita è ormai caratterizzata dall'evento celebrato.
Se il sacramento appartiene all'ordine dell'essere, i due, nel momento in cui
si scambiano il consenso e celebrano l'atto sacramentale del matrimonio, in
quel momento entrano in nuovo modo di essere che li caratterizza in profondità.
La coppia entra in una modalità nuova di esistenza, in Cristo e nella
Chiesa. Questo significa che l'atto sacramentale del matrimonio non si pone
dopo la realtà della coppia, ma corrisponde alla realtà umana,
antropologica della coppia: il reciproco accettarsi, il consegnarsi l'un all'altro,
è propriamente il sacramento del matrimonio. In questo senso il sacramento
del matrimonio si distingue da tutti gli altri sacramenti: gli altri sono eventi
di salvezza che entrano a far parte della storia umana, questo è un evento
della storia umana che entra a far parte della storia della salvezza. Il matrimonio
esiste già prima di essere sacramento, è realtà già
istituita da Dio, ma nel momento in cui i due si scambiano il consenso in quanto
battezzati, quel loro atto li fa partecipare alla storia della salvezza, vi
entrano come protagonisti: e non come singoli, ma come coppia . Con il battesimo
noi siamo già protagonisti della storia della salvezza , nel bene e nel
male, secondo il si o il no che si dice al progetto di Dio. Il sacramento del
matrimonio di proprio ha che ti fa partecipare alla storia della salvezza non
come singola persona, neanche come un io e un tu, ma come un noi: è la
coppia che entra a far parte della historia salutis. È la relazione uomo-donna
che con il sacramento del matrimonio diventa una novità, testimone in
grado di costruire la storia della salvezza o di rifiutarsi di fare ciò.
E questo per ciò che attiene al discorso dell'apertura alla vita e dei
figli. Grazie al sacramento del matrimonio c'è questa assoluta novità:
la relazione uomo-donna entra a far parte della storia della salvezza. Protagonisti
significa responsabili, ministri di grazia l'uno per l'altro. In questo senso
dovremo superare una concezione del sacramento troppo cosificata. Quando diciamo
che gli sposi si conferiscono, si amministrano il sacramento del matrimonio,
diciamo una cosa non completamente esatta, anzi, forse erronea . Gli sposi non
si conferiscono il sacramento del matrimonio, lo celebrano. Non se lo danno
reciprocamente, ma celebrano un atto che è di Cristo. Per capire l'ambiguità
bisogna sapere che il matrimonio è atto personale del Cristo glorioso,
non degli sposi. Il Signore glorioso consegna un uomo ad una donna e una donna
ad un uomo. Il celebrante principale è il Signore Gesù, il Risorto,
lo Sposo della Chiesa; è lui che sul fondamento del battesimo affida
un uomo alla sua donna e viceversa. I primi cristiani avevano compreso benissimo
questo aspetto quando avevano sostituito al figura pagana di Giunone, figura
che accompagnava gli sposi, con la figura del Cristo . È il Cristo che
li conduce l'uno all'altro, li fa partecipare alla novità del suo mistero
pasquale. Il ministro originario, fontale del sacramento del matrimonio è
il Signore stesso. Gli sposi, quando celebrano il sacramento del matrimonio
non celebrano qualcosa che appartiene a loro ma celebrano un atto di Cristo.
Da questo si capisce l'ambiguità di quanto dicevamo sopra. Il Cristo
glorioso celebra in loro le nozze escatologiche che ha celebrato una volta per
sempre con la Chiesa: il Cristo che ha dato se stesso, che ha amato la Chiesa
dando se stesso alla Chiesa. Gli sposi, nel promettere se stesso all'altro,
accolgono l'altro da Cristo come un suo dono e accettano a loro volta di farsi
dono l'uno per l'altro. Pensate quale fenomenologia del dono scaturisce dal
sacramento del matrimonio. Costitutivamente i due sono donati l'uno all'altro
perchè Cristo li ha donati l'uno all'altro ed entrambi vogliono essere
dono l'uno per l'altro sul modelle Cristo-Chiesa. È necessario che sia
Cristo a donarli l'un l'altro perchè il sacramento del matrimonio si
fonda sul battesimo. Il battesimo fa appartenere i due a Cristo e solo Lui li
può donare. Sul fondamento del battesimo si realizza questa assoluta
novità che è la coppia cristiana. Il "noi" dei due sposi
nel Signore! Accanto a questo aspetto cristologico, non è meno rilevante
l'aspetto ecclesiale: ogni volta che i due sposi celebrano l'atto sacramentale
del matrimonio, non solo partecipano a questo atto di consegna, ma anche alla
sponsalità della Chiesa. La Chiesa è la sposa del Signore, sponsa
Verbii; la Chiesa quando celebra il sacramento del matrimonio non celebra qualcosa
fuori di se o sugli sposi ma se stessa, ciò che è diventata una
volta per sempre. In ogni celebrazione risplende la nuzialità della Chiesa.
La Chiesa, sposa del Verbo, si realizza in ogni celebrazione del sacramento
del matrimonio, così come i due sposi realizzano il loro matrimonio ad
immagine dello sposalizio Cristo-Chiesa. Anche questo è fondamentale
perchè significa che i battezzati rivivono in loro stessi la realtà
profonda dell'essere Chiesa, quest'alleanza sponsale definitiva che la Chiesa
ha celebrato una volta per sempre. La Chiesa nasce dalla Pasqua come sposa del
Signore . Gli sposi rivivono in se stessi questo sposalizio della Chiesa, vi
partecipano, divengono a loro volta un simbolo vivente della Chiesa sposa del
Signore. Ecco perchè non si può comprendere fino in fondo la realtà
del sacramento del matrimonio se non all'interno della sponsalità della
Chiesa. I due si sposano nel Cristo-sposo e nella Chiesa-sposa e rivivono in
se la stessa logica del dono. Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso
per lei. Qui già potremmo trarre un primo messaggio fondamentale: gli
sposi, proprio perchè innestati nel Cristo e nella Chiesa sono chiamati
a lasciarsi configurare dall'evento della Pasqua, la grande oblazione del Figlio
al Padre. Parlare del sacramento del matrimonio è parlare di qualcosa
che appartiene all'essere: nel momento in cui i due si sono sposati nel Signore
è come se iniziassero un nuovo modo di essere configurato alla sponsalità
di Cristo e della Chiesa. Questo nuovo modo di essere riguarda la totalità
della coppia: è importante aver chiaro che il segno sacramentale del
matrimonio è la coppia stessa, non il consenso secondo la concezione
contrattualistica; è la relazione uomo-donna che diventa sacramento.
Il consenso significa che le due persone, con tutto il loro essere corporeo
e personale, con tutta la loro spiritualità, si offrono l'uno all'altro,
sono offerti l'uno all'altro da Cristo stesso. Ma il segno sacramentale del
matrimonio è la coppia stessa, l'amore coniugale, la loro libera scelta.
La parola "segno sacramentale" deve essere chiara per tutti: nell'Eucaristia
il segno sacramentale è il pane e il vino - se non ci sono questi non
posso avere il Pane eucaristico - su di essi si poggiano le parole consacratorie
e diventano il Corpo e Sangue di Cristo. Per analogia possiamo intuire cosa
significa affermare che la coppia è il segno sacramentale del matrimonio,
se pensiamo al momento in cui il Signore Gesù consegna l'uomo alla donna,
la donna all'uomo, sul fondamento del battesimo, momento in cui l'uomo e la
donna sono segno sacramentale di ciò che si celebra; in quel momento
avviene, possiamo dire, una vera trasformazione - anche se non nello stesso
modo della transustanziazione eucaristica - perchè l'amore di Cristo
assume dal di dentro l'amore coniugale dei due che si sono scelti. E lo fa partecipare
soprannaturalmente all'amore stesso che Egli ha per la Chiesa. Dunque il segno
proprio su cui opera la grazia del sacramento del matrimonio è la coppia
che celebrando il gesto sacramentale dell'offrirsi l'un l'altro diventa ciò
che celebra. Porto, a conferma, un testo del Concilio Vaticano II, sulla santità
del matrimonio e della famiglia, dove si dice che la famiglia è "l'intima
comunità di vita e d'amore coniugale...stabilita dal patto coniugale...che
diventa comunità di grazia e salvezza". Non si dice che "è
l'atto sacramentale del matrimonio" ma "intima comunità di
vita e amore dei due che diventa comunità di grazia e di salvezza".
Il sacramento del matrimonio si fonda sulla realtà stessa della coppia
- umana e terrena - per farla diventare realtà misterica, di grazia,
evento di grazia. Il soggetto è la coppia. Tutto questo implica, naturalmente,
il consenso - valido e libero - senza il quale non c'è l'atto sacramentale
del matrimonio. Ma non va inteso solo come un atto verbale, esteriore, in quanto
porta le persone: quando lui o lei dicono "si" scambiandosi la promessa
reciproca, le loro persone sono coinvolte con la totalità del loro essere
per cui tutto lo spessore umano dell'essere uomo e donna entra a far parte del
consenso sacramentale. Questo è un aspetto specifico del sacramento del
matrimonio: l'atto sacramentale si radica sulle persone stesse che lo celebrano.
Mentre negli altri sacramenti è qualcosa che si riceve, qui sono i due,
ministri del sacramento, ministri di Cristo e della Chiesa, che sono al tempo
stesso principio, sorgente - in quanto loro celebrano quell'atto - e termine
di ciò che celebrano, che caratterizza la novità di vita che il
sacramento stesso inaugura. Dire che il sacramento del matrimonio ha come segno
sacramentale la realtà della coppia porta con se un nuovo modo di concepire
il sacramento del matrimonio, non come qualcosa che è celebrato una volta
per sempre ma come un nuovo modo di essere in Cristo e nella Chiesa. In questo
senso possiamo dire che dalla costituzione del matrimonio sacramento nasce il
matrimonio della vita coniugale, il sacramento della coppia. L'atto che si celebra
da inizio ad un sacramento permanente. La categoria del "sacramento permanente"
è formidabile: era già stata insinuata al tempo del Concilio di
Trento dal grande teologo card. Bellarmino . Fu ripresa da Pio XI nella Casti
connubii e poi dal Concilio Vaticano II quando dice che gli sposi sono come
consacrati l'un l'altro; questo non significa soltanto che hanno celebrato un
atto, ma che da quell'atto scaturisce un nuovo modo, sacramentale, di essere.
Potremmo dire che a partire da quel momento il "si" di Cristo - il
si totale al Padre - diventa il "si" totale degli sposi con cui si
dicono "si" l'un l'altro, sul modello dell'alleanza di Cristo per
la Chiesa.
Spero che, sia pure in maniera sommaria, sia chiaro qualcosa del concetto di
sacramento del matrimonio. Abbiamo detto che è un atto di Cristo-sposo,
è un atto della Chiesa-sposa, un far partecipare a questa sponsalità
di Cristo per la Chiesa, è un atto che assume la totalità della
coppia - segno sacramentale, atto che da inizio ad un nuovo modo di essere centrato
sul "si" di Cristo.
Che spiritualità scaturisce da questa teologia del sacramento del matrimonio,
da questo sacramento della coppia? I padri dicevano: "battezzato diventa
ciò che sei", la Familiaris consortio ha detto: "famiglia diventa
ciò che sei" . Noi possiamo dire: "coppia diventa ciò
che sei", "ciò che hai celebrato ridiventalo ogni giorno",
"se sei entrata a far parte dello sposalizio di Cristo e della Chiesa,
impara ogni giorno a modellare la tua esistenza su quello sposalizio",
"se Cristo ti ha amato e vi ha consegnati all'altro anche tu reimpara ad
innamorarti ogni giorno". Il sacramento del matrimonio è una sorgente
sempre nuova di ricchezza, novità, non è qualcosa di statico e
vecchio: il cammino del matrimonio non è stasi - qualcosa che sta fermo,
immobile - ma ex-stasis, qualcosa che esce fuori dalla stasi. Ecco che la spiritualità
del sacramento del matrimonio va vista come fondata sulla sua permanenza e dinamismo.
Quali gli aspetti fondamentali che caratterizzano la spiritualità del
matrimonio-sacramento? Ne enumero alcuni:
1) è una spiritualità del "si". Se gli sposi sono innestati
nel "si" di Cristo alla Chiesa, detto una volta per sempre al Padre,
sono chiamati a lasciarsi afferrare da questo "si" di Cristo e a rinnovarsi
in esso. "Si" all'amore, alla vita, al Dio trinitario, sorgente profonda
della fecondità in senso ampio della vita coniugale; l'autodonazione
che avviene nel mistero della Trinità. Una spiritualità non faticosa
e oppressiva ma all'insegna della gioia, del dono, dello Spirito che dimora
nei coniugi, spiritualità positiva da rinnovare ogni giorno. L'itinerario
degli sposi sta nel passare da ciò che si è sul piano oggettivo
a ciò che si deve essere sul piano soggettivo, dall'indicativo all'imperativo:
sei-diventa. Questa è la logica degli scritti paolini.
2) spiritualità integralmente umana, perchè non può prescindere
dall'umano, la nostra corporeità, gli affetti, la tenerezza; deve anzi
assumere la ricchezza umana lasciandola arricchire dalla luce dello Spirito.
I coniugi imparano ad amare Dio amandosi l'un l'altro, imparano ad amarsi l'un
l'altro amando Dio. Dio non è qualcuno che sta al di la ma è dentro
il vissuto della coppia. Spiritualità modellata sulla Pasqua perchè
deve lasciarsi permeare dalla carità pasquale dalla carità di
Cristo che ha dato se stesso, dalla gratuità, dalla tenerezza. Forse
il sentimento più nobile che è inscritto in noi è proprio
la tenerezza: Fromm dice che fra tutti i sentimenti che la persona umana ha
sviluppato lungo la sua storia, non ce n'è uno grande come la tenerezza.
È la dimensione profonda del cuore, l'amare con simpatia ed empatia,
soavità, amorevolezza, cordialità, profondità. La spiritualità
coniugale, proprio perchè si modella sulla carità di Cristo e
vuole riproporre in se la dimensione della Pasqua deve essere caratterizzata
dalla tenerezza. La stessa sessualità di coppia si commisura sulla gratuità
dell'amore, del dono, dell'accoglienza, della condivisione, quindi della tenerezza.
Nei documenti del Concilio Vaticano II si dice che l'amore coniugale, unendo
insieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se
stessi provato da sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta la vita dei
coniugi, anzi, diventa tanto più perfetto quanto più cresce il
generoso esercizio di questi sentimenti e gesti. La spiritualità coniugale
anziché essere, come spesso viene descritta, una spiritualità
del masochismo, è caratterizzata dalla bellezza dello stare insieme,
radicata sulla tenerezza di Cristo, di Dio.
3) spiritualità di comunione, del "noi" non dell'"io"
e del "tu" perchè è animata dallo Spirito: lo Spirito,
nella Trinità è il legame di amore. Agostino descrive la Trinità:
il Padre eterno amante, il Figlio eterno amato, lo Spirito Santo eterno amore.
Oggi, nel confronto che abbiamo con i musulmani o con gli ebrei - i quali riconoscono
un solo Dio - noi diciamo un unico Dio ma non un solitario, un solo Dio che
vive in se un'eterna dimensione interpersonale di amore, che vive in se questo
eterno scambio di amore. Questo non è secondario perchè la coppia
è già sul piano naturale ad immagine della Trinità; sul
piano soprannaturale, con il sacramento del matrimonio, lo Spirito Santo dimora
nei coniugi come in un tempio e sono realmente chiamati a far risplendere il
mistero della Trinità nel mondo. Cambia l'ottica se non si guarda a Dio
come ad un solitario, unico, ma come un Dio trinitario che vive in se questa
eterna comunione di amore. Lo Spirito Santo è il protagonista di questa
realtà di comunione. La spiritualità della coppia è chiamata
a crescere nella comunione, nell'accoglienza, nel dono, nella condivisione.
Questa spiritualità di comunione è una spiritualità di
missione: la comunione non è fatta per chiudersi in se stessi ma per
aprirsi agli altri. Se i coniugi sono consacrati nella Chiesa ad essere segno
di alleanza, segno dello sposalizio di Cristo con la Chiesa, gli sposi hanno
ricevuto anche un mandato, sono deputati ad annunciare a tutti il mistero nuziale
di Dio: Dio lo ha realizzato una volta per sempre in Cristo, gli sposi partecipano
al mistero nuziale, sono annunciatori di tale mistero con tutta la loro vita.
Sono educatori di tale mistero nella storia, anzitutto nell'ambito della propria
famiglia ma poi a tutti gli altri livelli . La famiglia è realmente una
comunità missionaria, rivive in se il triplice mandato profetico, sacerdotale,
regale di Cristo. In questa prospettiva di spiritualità di comunione
e missionaria si capisce come gli sposi sono realmente dei chiamati, vivono
una vocazione. Dio che ha chiamato gli sposi al matrimonio continua a chiamarli
nel matrimonio; dentro e attraverso i fatti, i problemi, le difficoltà
e gli avvenimenti dell'esistenza di tutti i giorni Dio viene rivelandosi agli
sposi proponendo le esigenze concrete della loro partecipazione all'amore di
Cristo per la Chiesa. Tutto il cammino del matrimonio è una continua
chiamata; sono chiamati alla santità grazie al sacramento del matrimonio
e vivendo fino in fondo le esigenze del sacramento del matrimonio.
4) la spiritualità del matrimonio sacramento è itinerante, del
cammino, dell'esodo, dell'avvento, del discepolato. L'esodo richiama il popolo
in cammino verso la terra promessa con tutto ciò che significa l'esodo,
sapere di lasciare qualcosa sapendo di andare verso qualcosaltro, scegliere
l'essenziale. L'avvento richiama il fatto che il Signore continuamente viene
in mezzo agli sposi e rimane con loro, la loro relazione è triangolare.
Si tratta di un discepolato per poter realizzare fino in fondo le esigenze del
vangelo. Il viaggio nasce da Dio-amore e va verso Dio-amore: come ogni viaggio
suppone la fatica del cammino, ma importante è aver chiara la meta. Il
Papa, parlando all'Équipe Notre Dame, ha usato l'immagine della montagna:
non si tratta di abbassarla ma di aiutare gli sposi a camminarci in cima, verso
la meta della santità. La tentazione potrebbe essere quella di abbassare
la meta e così ci si accontenta della mediocrità. Per giungere
alla meta bisogna avere anche l'equipaggiamento adatto. La spiritualità
degli sposi deve sapersi equipaggiare: ascolto della Parola di Dio, sacramento
della Riconciliazione per ricominciare ogni volta, Eucaristia, fonte e vertice
di tutta la vita della Chiesa, preghiera. Se gli sposi si lasciano arricchire
da questi doni saranno in grado di percorrere il cammino verso la pienezza.
È possibile! La Grazia di Dio fa quello che a noi sembra impossibile:
noi possiamo essere deboli, incapaci, fragili ma Dio è più potente
di questi nostri limiti. Si tratta di lasciarsi guidare realmente dalla presenza
di Dio. Ognuno dei due coniugi diventa protagonista della storia della salvezza
e ministro di Grazia per l'altro. Nel cammino a due ci si può aiutare
e sostenere. Ognuno diventa testimone dell'amore di Dio, della speranza. I due
sono chiamati a diventare compagni di eternità, come dice san Giovanni
Crisostomo commentando il Cantico dei Cantici: "ti ho preso tra le mie
braccia, ti amo, e ti preferisco alla mia stessa vita. Siccome la vita presente
non è che un passaggio verso l'eternità, il mio desiderio ardente
è di vivere questa vita nella piena comunione con te in modo da essere
sicuro di non venire separato mai da te nell'eternità che ci è
riservata, per questo pongo il tuo amor al di sopra di tutto". Si intravede
che l'amore dei coniugi non finisce qui, rimarrà; certo in modo diverso,
trasfigurato, ma la compagnia della vita conduce alla compagnia dell'eternità,
dell'eterna beatitudine. Questo è l'augurio che io vi faccio a tutti
anche per il lavoro pastorale, perchè sappiate annunciare questo viaggio
verso la meta che il Signore ha preparato.
Interventi
· Domanda: I coniugi si trasformano ad immagine dell'Eucaristia: nei
sacramenti si usa l'unzione come segno di trasformazione, nella storia del matrimonio
c'è stato mai qualcosa di simile? Chi celebra il sacramento, gli sposi
o il presbitero?
· Mons. Rocchetta: non c'è stata unzione ma altri segni equivalenti
come la corona o il velo simile a quello delle vergini consacrate. Gli sposi
sono ministri del matrimonio ma subordinatamente alla ministerialità
di Cristo e della Chiesa. Nella Chiesa ortodossa il parroco è ministro
perchè qui si accentua molto l'intervento della Chiesa. Noi accentuiamo
molto il battesimo dei due. In entrambe c'è qualcosa di vero. Il presbitero
non ha un ruolo coreografico, tutto si inquadra nella ministerialità
di Cristo e della Chiesa; e ancora, se non c'è battesimo non c'è
sacramento del matrimonio. L'Epiclesi, l'invocazione dello Spirito, nell'attuale
rito non è molto evidente mentre nel rito ortodosso è fondamentale.
Nel nuovo rito, si spera di trovarla più evidente.
· Domanda: sono messo in crisi dalle parole di Gesù sul fatto
che nel Regno dei cieli saremo come angeli. A me piacerebbe essere così
anche dopo. Parlando con i fidanzati viene fuori questo discorso, cosa rispondiamo?
· Mons. Rocchetta: ci vuole il giusto equilibrio esegetico. Gesù
vuole smentire i sadducei e le loro supposizioni (sette mogli!): il modo di
essere nell'altra vita è nuovo, totalmente diverso, però non si
può pensare che tutto quello che si è vissuto di bello, di grande
venga distrutto. Così come la nostra corporeità verrà trasformata,
non distrutta. Gli affetti verranno trasformati, non distrutti. Sono il male
sarà distrutto. Penso si possa dire che l'amore di due persone, per i
figli, per gli altri, sarà distrutto, altrimenti Dio smentirebbe l'ordine
creaturale che lui stesso ha voluto. Noi facciamo fatica a capire come sarà,
dobbiamo accettare che questo è in parte un mistero. È principio
di fede che Dio non rinnega se stesso: se vi ha fatto incontrare come sposi,
certamente quell'amore non sarà del tutto annullato e rinnegato, ma elevato
e trasfigurato. Dice Gabriel Marcel: saremo per sempre ciò che avremo
amato, l'amore rimarrà, anche san Paolo dice che l'amore rimarrà.
· Domanda: ministri di grazia, l'uno per l'altro. Quanto io posso essere
trascinata da lui in questo cammino?
· Mons. Rocchetta: non si può radicalizzare altrimenti mi sento
responsabile in toto dell'altro. L'altro può dire di no a Dio e lui è
responsabile. Nel momento in cui siamo sposati possiamo essere ministri di grazia,
a servizio della grazia, oppure no.
· Domanda: il matrimonio è un atto del Cristo glorioso che consegna
l'uomo alla donna e viceversa. È venuto alla mente il vangelo di Giovanni:
"non voi avete scelto me ma io ho scelto voi perchè andiate e portiate
frutto e il vostro frutto rimanga". È la tenerezza di Dio che si
china sull'umanità per salvarla. Nel sacramento del matrimonio vedo un
atto di amore di Dio che lo rigenera da dentro. Questo dobbiamo portare come
catechisti dei fidanzati traducendolo in una pastoralità.
· Mons. Rocchetta: per testimoniare bisogna esser convinti di ciò
che si è. Per me il problema è superare una concezione del cristianesimo
solo negativa. Anche il problema vocazionale vi è legato. Riscoprire
che Dio è tenerezza, la vita è tenerezza, siamo chiamati a donare
tenerezza. Tenerezza è grazie con la vita sapendo di essere amati e amando;
lo si fa riscoprendo che Dio è tenerezza. La coniugalità viene
prima della genitorialità, ma ad essa rimanda.