I SIMBOLI DELLA PASQUA
La cinquantina che va dalla Risurrezione di Cristo alla Pentecoste è
il tempo del Signore Risorto e dello Spirito Santo. I catecumeni che divengono
nella notte di Pasqua fedeli a pieno titolo con il Battesimo, non ricevono più
l'istruzione catechistica ma la mistagogia, catechesi mistagogica, in quanto
sono ormai iniziati al Mistero di Gesù Cristo, morto e Risorto.
I nostri adulti che hanno riscoperto nella notte di Pasqua il valore del loro
Battesimo, simpegnano a vivere una vita nuova in Cristo. La conversione
è dono di Dio, luomo è chiamato a rispondere e collaborare
ogni giorno, perché è un "rinnovato" che sempre si rinnova.
Luomo, credente adulto nella fede, deve sì avere entusiasmo e slancio
religioso, ma questi devono emergere dal mistero di Gesù Cristo, il Risorto
di cui egli è testimone, dallapprofondimento della Parola, dai
Sacramenti, dalla Liturgia che diventa vita, dalla ferialità del mistero
di Cristo nella nostra storia quotidiana.
Ora, la stessa liturgia essendo culmine e fonte (SC 10), ha bisogno sia di una
preparazione catechetica che di una prosecuzione mistagogica. Volendo presentare
la realtà del tempo pasquale, tempo fortemente battesimale, secondo una
prospettiva catechetico-mistagogica, è opportuno partire dai segni per
risalire alla realtà da essi significata.
Secondo il Rinnovamento della catechesi (RdC), infatti, i segni vanno utilizzati
con questi accorgimenti:
Devono lasciar trasparire la realtà divina che in essi
si esprime e si comunica alluomo;
devono essere traduzione-attuazione della gloria divina per luomo;
ciò che conta non è tanto il loro "simbolismo naturale"
quanto piuttosto la verità di salvezza che esso evoca e misticamente
realizza;
la pedagogia del segno esige che esso renda familiare il passaggio dai segni
visibili agli invisibili misteri;
si eviterà un duplice rischio: parlare dei segni senza riferimento al
mistero, presentare il mistero senza riferimento ai segni (RdC 32,78,115,175.).
Il fuoco
Nella notte di Pasqua, nella solenne Veglia, la celebrazione si arricchisce
in modo evidente del simbolismo del fuoco. Il braciere, che arde fuori della
chiesa e da cui si accende il cero, attrae lattenzione dei fedeli in questo
primo momento che prepara la celebrazione pasquale. Il trionfo della luce sulle
tenebre, del calore sul freddo, della vita sulla morte (mistero poi solennemente
proclamato da letture e azioni sacramentali della più solenne tra le
notti) è già sinteticamente espresso in questo concreto linguaggio
del fuoco nuovo, intorno al quale si riunisce la comunità. Seguirà
la processione con il grido gioioso: "La luce di Cristo", e la luce
si comunicherà progressivamente ad ogni partecipante. La preghiera del
Messale Romano che accompagna la benedizione del fuoco, ci appare piuttosto
espressiva: "O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la
fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo, fa che le feste pasquali
accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito,
alla festa dello splendore eterno".
Il fuoco è presente, nella liturgia, anche in altre occasioni o realtà:
nelle lampade e nei ceri accesi durante la celebrazione o davanti al tabernacolo.
Qui, oltre al simbolismo della luce, vi ritroviamo la misteriosa realtà
del fuoco: la fiamma che si consuma lentamente mentre illumina, abbellisce e
riscalda, dando senso poetico e familiare alla celebrazione. Altra solenne occasione,
sebbene meno conosciuta, è il rito della Dedicazione della chiesa. Si
accende il fuoco in un braciere che è posto sullaltare e vi si
brucia lincenso. Su quella mensa sta per rinnovarsi il memoriale del sacrificio
di Cristo. NellAntico Testamento era il fuoco a consumare i sacrifici;
ora sinvoca in qualche modo la forza santificatrice di Dio sul nostro
sacrificio. Il fuoco, comè detto chiaramente dal canto del "Veni
Creator", è lo Spirito Santo, invocato in ogni Eucaristia sui doni
del pane e del vino per operare la loro misteriosa trasformazione nel Corpo
e nel Sangue di Cristo. Il fuoco è il simbolo del sacrificio di Cristo
e del potere santificante di Dio, che prende possesso dellaltare e di
ciò che su di esso sarà celebrato.
Il cero pasquale acceso e la luce
Nellanno liturgico, se esiste una celebrazione il cui inizio è
un vero gioco simbolico di luce, questa è la Veglia pasquale. Il popolo,
riunito nelloscurità, così come abbiamo già commentato,
vede la nascita del fuoco nuovo da cui si accende il cero pasquale, simbolo
di Cristo.
Il cero pasquale, infatti, è il segno del Cristo risorto luce vera del
modo che illumina ogni uomo; è la luce della vita che impedisce di camminare
nelle tenebre. è il segno della vita nuova in Cristo che, strappandoci
dalle tenebre, ci ha trasferito con i santi nel regno della luce; Cristo brillò
su di noi che eravamo tenebre, ma ora siamo luce nel Signore (Ef 5,14). è
il segno che ci permette di vivere come figli della luce (Ef 5,8), di rigettare
le opere delle tenebre (Rm 13,12), di restare in comunione con Dio (1 Gv 1,5),
di conservare lamore con i fratelli (1 Gv 2,8-11). è anche segno
di fedeltà a Dio e vigilanza nella preghiera e nellattesa.
Dietro questo cero acceso cammina processionalmente la comunità cantando
per tre volte un grido di giubilo. Ogni volta si accendono le candele: i cristiani
restano contagiati dalla luce di Cristo, che incarna il simbolismo, e questa
si espande sempre di più. Infine il cantore del preconio pasquale (diacono
possibilmente) intona le lodi della beata notte, illuminata dalla luce di Cristo.
Non sono necessarie molte spiegazioni del simbolismo della luce in questa Veglia.
La sua intenzione è evidente, tanto da contagiare e avvolgere i credenti,
comunicando loro con la sua forza espressiva lentusiasmo del mistero celebrato:
"Questa notte fonte di luce
sconfigge il male, lava le colpe, restituisce
la gioia agli afflitti
".
Durante i cinquanta giorni di Pasqua, in tutte le celebrazioni accendiamo il
cero pasquale come in altri momenti diamo grande importanza al simbolismo della
luce.
L'acqua
Lacqua è davvero una realtà polivalente: disseta, pulisce
e purifica, ci rinfresca nei giorni di calura; è fonte di vita per i
campi e dà origine alla forza idraulica. Nella liturgia della solenne
notte e in altri riti liturgico sacramentali essa assume significato come acqua
che purifica; segno di Cristo, acqua viva che spegne ogni sete e simbolo di
vita e di morte. Tralasciando tutti gli altri riti, nella Veglia pasquale, la
notte battesimale per eccellenza, lacqua, come linguaggio simbolico, raggiunge
lapice di solennità e di significato.
Anche quando non ci sono battesimi, in quella notte in tutte le comunità
cristiane si commemora il Battesimo, sacramento per mezzo del quale siamo radicalmente
assunti e incorporati alla pasqua di Cristo, passaggio dalla morte alla vita.
Le altre domeniche sono come il prolungamento e rinnovazione settimanale della
domenica per eccellenza, la festa di Pasqua.
Il simbolo dellacqua lo terremo presente innanzitutto per il sacramento
del Battesimo (immersione o infusione). Poi si rivive tale ricordo battesimale
attraverso: laspersione allinizio della Messa domenicale (soprattutto
nella cinquantina pasquale), il gesto di prendere lacqua benedetta entrando
in chiesa, le varie benedizioni in cui si asperge con lacqua benedetta,
il rito della Dedicazione della Chiesa dove si asperge il popolo e le pareti
del tempio. Laspersione dellacqua è proposta più volte
come gesto facoltativo anche nellunzione degli infermi ed, infine, anche
nella celebrazione delle Esequie.
Lacqua, per noi cristiani, è un simbolo daffetto con il quale
Dio ha voluto purificarci, appagare la nostra sete e farci rinascere nel mistero
della pasqua di Cristo.
Dai
segni alla liturgia della vita
Abbiamo scelto solo alcuni dei segni della Pasqua. Dai segni che esprimono il
linguaggio del mistero, bisognerà passare ai segni della vita. I cristiani,
infatti, devono annunciare Cristo, qui e ora, con la loro vita e non con tante
parole, solo così la fede diventa creativa, personalizzata, illuminante.
La maturità del cristiano si manifesta con lattenzione alla storia
e alla cultura, nelle quali è chiamato a far rivivere Cristo mediante
la sua imitazione (il "per me il vivere è Cristo" di San Paolo)
in maniera originale ed unica, mediante una spiritualità feriale e metodica
(il quotidiano). Allora i Sacramenti e la Parola diventano fonti di passione,
di gioia e di slancio missionario.
I cristiani diventano i "segni" che il Signore tramanda nella storia
mediante i suoi discepoli testimoni. I testimoni dogni tempo si riconoscono
dai frutti dello Spirito: carità, gioia, pace, pazienza, benignità,
bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza.
Come Gesù con i discepoli di Emmaus, anche noi siamo chiamati ad annunciare
il Kerigma contro lantievangelo dei discepoli disperati, purificandoli
con il fuoco del sacrificio di Cristo, illuminandoli con la luce della sua Risurrezione,
immergendoli in Cristo, acqua che zampilla per la vita eterna, e sostenendoli
nella fede del Signore Risorto che rimane con noi fino alla fine dei tempi.